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Inginocchiarsi di fronte a Zod: Superman II (1980), entrambe le versioni

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Non fatevelo ripetere.

SUPERMAN II (theatrical version), di Nanni Cobretti

Dov’eravamo rimasti?
Ah sì: i produttori avveniristici Alexander e Ilya Salkind, franco-messicani (giuro), comprano i diritti di Superman e commissionano due film da girare contemporaneamente. Undici anni prima dei sequel di Ritorno al futuro. Ventitre anni prima della trilogia del Signore degli anelli.
Li fanno scrivere prima allo sceneggiatore del Padrino, poi a quelli di Bonnie & Clyde.
Poi ingaggiano Richard Donner che fa riscrivere di nuovo gran parte del materiale a Tom Mankiewicz, figlio del leggendario Joseph, e già sceneggiatore di un pugno di film di James Bond.
Poi scoppia il primo problema: Marlon Brando, che era stato pagato come nessuno mai prima di lui per girare pochissima roba, viene a sapere solo dopo dell’esistenza di un secondo film. Siccome il suo contratto prevedeva una grossa percentuale sui soli incassi del primo, sente di essere stato fregato, sente che il suo stipendio record non è abbastanza e, pur non dovendo lavorare mezzo minuto in più, denuncia la produzione e proibisce loro di utilizzare il suo girato nel sequel.
Poi Donner litiga con i Salkind e viene cacciato prima di finirlo, questo benedetto sequel.
Sale quindi a bordo Richard Lester, veterano, esperto, spiccata vena comica: gli viene chiesto di fare il JJ Abrams della situazione, apporre i ritocchi necessari e finire il film.
Quello che esce in sala nel Natale del 1980 è quindi un pastrocchio figlio di troppe teste.

Facciamo un salto avanti: 2008 circa, esce in bluray Superman IV, noto flop mostruoso del 1987.
Il disco contiene la traccia audio di commento dello sceneggiatore Mark Rosenthal, il quale inizia il suo intervento dicendo “Già dai titoli di testa si capisce che questo film è un disastro”. Così, secco, prima frase.
Procede a spiegare il perché, a denigrarli e sminuirli e a paragonarli con quelli del primo,  poi di colpo si accorge di non essersi ancora nemmeno presentato e lo fa.
Che incipit fenomenale.
La sua è un’osservazione importante, perché i titoli di testa del primo Superman sono passati immediatamente alla storia, e non solo per le musiche imponenti di John Williams, ma anche per i credits stessi, l’iconico effetto tridimensionale, l’epica leggiadria con cui si muovono nello spazio.
E quando inizia Superman 2, ci si accorge subito che c’è qualcosa che non va.
Piccoli dettagli, inizialmente: i credits usano lettere piene invece che vuote col bordo, e i movimenti meno eleganti.
Poi si decide di usare tutta la durata dell’ouverture di Williams per alternare le inquadrature nello spazio con un mega riassunto del primo film lungo otto minuti, e ci si annoia in tempo zero.
Ma non solo: il riassunto stesso è goffamente losco, perché con il divieto di utilizzare il materiale con Marlon Brando si finisce per dare l’illusione di un piccolo e silenzioso ret-con, prima mostrando il generale Zod e i suoi due sgherri condannati da una giuria anonima (ma poi giurano vendetta contro Jor-El lo stesso), e poi la storia di una mamma single che spara suo figlio nello spazio.
Brando è, da subito, il proverbiale elefante nella stanza (non so perché pensando a Brando mi è venuta immediatamente spontanea l’espressione “elefante nella stanza”).
Levato il prologo di torno, c’è subito una scena fighissima che vorrei sapere a chi attribuire: Clark Kent entra in ufficio e, senza stacchi di montaggio, saluta tutti, tira con totale nonchalance il cappello all’indietro centrando alla perfezione l’attaccapanni, continua a salutare timidamente i colleghi. Non ci sono effetti speciali coinvolti, solo (presunte) multiple prove. È semplicemente la versione next level di un classico gesto di James Bond (che prendeva la mira), e nella sua estrema semplicità riesce a sembrare la classica cosa che solo Superman farebbe, il piccolo gesto invisibile con cui Clark si concedeva delle modeste soddisfazioni quando era costretto a sembrare imbranato.

Christopher Reeve è sempre un Clark Kent inimitabile.

Poi Lester (stavolta si sa che è lui) decide di inscenare un grosso momento d’azione a Parigi. Lo fa in maniera elegante: con Jimmy Olsen che dice “Lois Lane è alla Torre Eiffel, a Parigi”, e Perry White che lo sgrida dicendo “lo sanno tutti che la Torre Eiffel è a Parigi”, in modo che gli spettatori americani possano imparare un’informazione che non sapevano, vergognarcisi immediatamente, e poi fingere di averlo sempre saputo. E ha senso: Superman è ossessionato da Lois, e abbandona Metropolis solo per lei. È utile su più livelli, non solo per fare gli sboroni con una scena kolossal (curiosità: uno dei terroristi “francesi” è Richard Griffiths). Superman salva la situazione rubandosi l’ascensore della Torre Eiffel (tutto l’ascensore, non solo la bomba nucleare) e facendolo esplodere nello spazio. E indovinate? Casualmente passavano di lì il Generale Zod e i suoi scagnozzi, ancora svolazzanti nell’infinito prigionieri della copertina di Queen II, e – tramite uno degli effetti speciali più brutti della saga – l’esplosione li libera.
Superman 2 è un film frustrante.
Di sicuro ci sono stati pasticci in produzione difficili da coprire, script che cambiano, attori assenti insostituibili, scene che magari non si potevano rigirare, un po’ di tutto.
Ma è un vertiginoso alternarsi di scene stupidissime e altre altamente spettacolari, gag eleganti ed altre non sense, decisioni inspiegabili e finezze insospettabili.
Ad esempio: Luthor scopre “l’indirizzo di Superman” (espressione bellissima), ci si reca in mongolfiera (vabbè), trova la casa abbandonata, trova i cristalli con cui Superman comunicava con il padre (ora è invece la madre), ne piazza su uno. Ci trova la madre di Superman, preoccupatissima, che gli racconta del generale Zod, e le tocca dire una cosa goffissima tipo “noi li abbiamo imprigionati nella copertina di Queen II e sparati a caso nell’infinito, e sì, ok, mi rendo conto che nello spazio c’è un sacco di spazio, ma mi raccomando stai attento che dovesse mai scapparti per coincidenza di far esplodere una bomba – una precisamente nucleare – nei paraggi, loro potrebbero liberarsi” perché altrimenti evidentemente non c’era modo di far dedurre a Luthor che c’erano in giro dei criminali potenti quanto Superman.
Subito dopo però ti mostravano il Generale Zod in azione, e lì non ce n’era per nessuno, perché era Terence Stamp.
Ce l’avete presente Terence Stamp? Era una specie di Jude Law dei suoi tempi, ma moltiplicato per dieci. Aveva una presenza ipnotica: era uno che i registi che lo sceglievano non stavano nemmeno a spiegargli il film, gli dicevano “fai quello che ti pare”, che se anche non faceva niente ti incollava a guardarlo lo stesso.
Se non l’avete mai fatto, vi consiglio di gustarvi il film in lingua originale: bravo Sandro Iovino al doppiaggio, ma il Terence al 100% sta una spanna sopra a tutti, è di una freddezza e una classe che costringe pure Gene Hackman a rimanere in soggezione e a fargli quasi da spalla comica (questo spiega perché si decide di abbandonare l’Otis di Ned Beatty in prigione dopo un quarto d’ora, sarebbe stato effettivamente ridondante).
Il suo potente “Kneel before Zod!” è diventato leggendario, tuttora la prima cosa che viene in mente a chiunque chiediate di ricordare questo film.

A tutt’oggi non esistono spiegazioni per questa mossa.

Ma poi c’è anche la sottotrama di Superman che decide prima di rivelare la sua identità a Lois, e poi di rinunciare ai suoi poteri per amore. Lois da parte sua pare non avere voce in capitolo ed essere più perplessa che onorata – e grazie al cazzo, lei conosce Clark l’umano imbranato e Superman l’eroe semi-onnipotente, chi minchia è Superman l’umano non eroico??? Per cui tutta la sezione è imbarazzante, compresa la velocità con cui Superman cambia idea (ma del resto no Superman no film, non poteva durare tanto).
Insomma: l’aria che tira in generale è spiazzante: bassi maldestri e alti notevoli.
La differenza con il primo capitolo, in termini di coerenza e consistenza interna prima ancora che di una qualsiasi aderenza contenutistica, è talmente ampia che effettivamente nessuno sospetterebbe che sono stati originariamente scritti e girati insieme: l’unico collante che li lega è il vecchio prologo che annunciava Zod.
Eppure per un sacco di tempo c’è stato anche chi riteneva questo superiore all’originale di Donner, e forse la chiave alla fine dei conti sta nel puro spettacolo: Donner costruiva tutto impeccabilmente ma alla resa dei conti contrapporre Superman a due missili e un pulmino da salvare impallidisce davanti al trio di super-kryptoniani malvagi.
Lo scontro finale di Superman 2, specialmente nella sua parte combattuta in piena Metropolis, è una roba da rimanere ancora oggi a bocca aperta per il livello di spettacolo catastrofico pre-digitale. Vale qualsiasi biglietto da solo. È effettivamente sufficiente a farti tentennare. È abbastanza sicuramente la cosa migliore mai fatta con un media audiovisivo che riguardasse Superman.
Poi a un certo punto, oltre 25 anni dopo, qualcuno è riuscito in qualche modo a rimettere insieme il montaggio originale di Richard Donner, ma di questo ve ne parla George Rohmer.

DVD-quote:

“Inginocchiatevi davanti a Zod”
Nanni Cobretti, i400Calci.com

Io e il Generale, Londra, 2017. <3

SUPERMAN II (the Richard Donner’s cut), di George Rohmer

Dove eravamo rimasti?
Nella scorsa puntata vi raccontavo di come, col passare degli anni, avessi totalmente rivalutato Superman, comprendendone la portata solo da adulto. Vi raccontavo anche di come fossi passato attraverso la fase “Superman II è meglio” (la mia personalissima versione della ribellione adolescenziale, semmai ve lo steste chiedendo). Poi, con la maturità, la mia percezione di Superman e Superman II si è COMPLETAMENTE invertita.

“E’ TUTO ALLA ROVESIA!!1!”.

Superman II, come tutti i film che vediamo da bambini, è arrivato in un momento della mia vita in cui non avevo, ovviamente, spirito critico. Si è sedimentato attraverso una serie di visioni successive al punto tale da diventare incriticabile. Per fare l’esempio più chiaro possibile: ci sono arrivato solo molto dopo a capire che, forse, quel bacio magico finale era una cazzata. Solo dopo aver rivisto, e rivalutato, il primo film, ho potuto contestualizzare il secondo e rendermi conto che il suo umorismo slapstick di grana grossissima (courtesy of Richard Lester) era davvero fuori luogo, chiaro segnale che, perso per la strada Donner, i Salkind non erano realmente in grado di tenere in piedi la baracca perché erano i primi a non credere nella rispettabilità dei supereroi. Rivisto oggi, Superman II è la più clamorosa calata di brache nella storia delle saghe cinematografiche, nonché palesemente un film per bambini laddove il primo era in grado di piacere a tutti. Per usare un linguaggio congeniale a voi millennials:

“Superman II is for boys. Superman is for MEN.”

Ma di Superman II – The Richard Lester Cut That Tutti Conosciamo vi ha già parlato ampiamente il Capo. Io sono qui per parlare di Superman II – The Richard Donner Cut aka Superman II – La vendetta (del licenziato).

La notizia del suo arrivo fu da me accolta con misura: stappai una delle due bottiglie di Champagne che tenevo nella mia cantina per le grandi occasioni (l’altra è riservata a quando Schwarzenegger girerà The Legend of Conan) e diedi una festa dissoluta durata tre giorni, che sfociò in una situazione di stallo con la polizia risolta solo quando le forze dell’ordine acconsentirono a farmi recapitare il cofanetto con il Donner Cut da Ned Beatty in persona.

No, scherzo. In realtà ho visto per la prima volta il Donner Cut qualche anno dopo la sua uscita. E la prima visione mi lasciò abbastanza freddo. Ricordo che le opinioni dell’internet mi avevano messo addosso una discreta fotta. Ero esaltato all’idea che Richard Donner fosse riuscito in qualche modo ad assemblare il film che aveva in mente, ma la fotta si è schiantata quasi subito contro l’evidenza che quello che avevo di fronte non era un vero film, ma una copia lavoro tirata a lucido, con tutti i relativi problemi.

Ad esempio: ci sta che Donner abbia usato lo screen test di Christopher Reeve e Margot Kidder per ricostruire la scena in cui Lois scopre l’identità segreta di Clark così come era scritta nella sceneggiatura originale. È senz’altro un’idea di scena migliore, in cui, invece di Clark che inciampa e cade come un cretinetti qualsiasi nel focolare senza ustionarsi, è Lois a tendergli un trabocchetto. Ma è, appunto, un’idea di scena, non una scena. È pur sempre uno screen test e, piazzato così all’interno del film, con le inevitabili differenze nel look dei due, non solo ci trascina fuori dalla finzione, ma risulta terribilmente piatto perché infilato in un prodotto molto più elaborato e rifinito. E questo vale un po’ per tutta l’operazione.

Il problema, in soldoni, è questo: nel caso di un grosso film da studio, un copione viene scritto, riscritto e ripulito parecchie volte prima che si passi alle riprese. Da molti questa cosa viene confusa con la tendenza di Hollywood a smussare qualunque spigolo per ottenere un prodotto innocuo da dare in pasto alla massa. Al contrario è un passaggio necessario e il film, il più delle volte, ne guadagna. Pensate a tutti i film spediti in lavorazione a calci in culo prima che la sceneggiatura fosse finita (sto parlando con te, Wonder Woman).

Come eravamo.

Dove voglio arrivare? Al fatto che il Richard Donner Cut ricrea un film mai esistito seguendo la sceneggiatura così com’era prima del licenziamento di Donner. Ricrea un’opera che molto probabilmente non sarebbe risultata così neppure se Donner fosse rimasto a bordo. Non è un caso che Donner e i Salkind avessero fermato la lavorazione del sequel (dopo averne già completato il 75%!) per concentrarsi su Superman. È facile che sapessero di dover rimettere mano alla storia in seguito. Un esempio su tutti: l’escamotage finale del primo Superman, il viaggio nel tempo, era stato scritto per Superman II. Qui è piazzato così come era nella sceneggiatura approvata da Donner, ma è ovvio che non avrebbero mai potuto riutilizzarlo. Si sarebbero dovuti inventare qualcosa di totalmente diverso. E con Donner coinvolto sono abbastanza fiducioso che sarebbe stato meglio del bacio magico.

Un altro esempio: ci sta che Zod e company vengano liberati dalla Zona Fantasma dall’esplosione della bomba atomica del primo film. I Salkind hanno rimosso il collegamento e inserito la sequenza dell’attentato a Parigi, ma siamo sicuri che l’abbiano fatto solo per far dispetto a Donner? Perché in effetti da quella mini-avventura iniziale alla Bond il ritmo ne guadagna a pacchi. Il Donner Cut inizia in modo molto meno spettacolare al Daily Planet, e prosegue più o meno come la versione di Lester: Luthor evade, Zod arriva sulla Terra, Clark rinuncia ai poteri, Clark viene menato male, Clark recupera i poteri, Zod nel frattempo conquista il mondo.

Come eravamo.

Solo che, senza l’incipit a Parigi, Superman non ha praticamente un cazzo da fare per una buona metà del film e così saltano fuori tutti i problemi della sceneggiatura. La sottotrama del “Devi diventare umano se vuoi amare un’umana” è ridicolissima, frettolosa e non ha nessun peso reale nel plot, nessuno scopo se non quello di prendere tempo per la battaglia finale. Prima che Superman venga a sapere dell’arrivo di Zod è già passata un’ora abbondante in cui l’eroe del film è entrato in azione una sola volta, per dieci secondi, e per il resto si è fatto una vacanzina mentre il mondo andava a puttane. Oltretutto, il viaggio nel tempo finale è utilizzato in maniera davvero frustrante. Nel primo film, Superman tornava indietro quel tanto che bastava per salvare Lois, senza cancellare il terremoto. Ve lo ricordate? Vi ho fatto una testa così. Qui invece annulla completamente gli eventi e ti fa sentire come se avessi appena buttato via due ore della tua vita. Avessi speso dei soldi per vederlo al cinema, mi sarei veramente incazzato.

Non c’è dubbio, comunque, che Superman II – The Richard Donner Cut faccia svariate cose meglio del The Other Richard Cut. La presenza di Marlon Brando rende molto più sensate le scene nella Fortezza della Solitudine, e, pensa un po’, serve anche a spiegare come Superman recuperi i poteri (nella versione cinematografica avveniva fuori scena. Pigrizia much?). Un’altra cosa molto bella è il duetto finale tra Lois e Superman sulla terrazza: “See you at work in the morning”. “Same old Clark and same old Lois”. Alla fine il cuore di questi film erano loro due e, ogni volta che il materiale sulla pagina era all’altezza, sapevano come farlo esplodere sullo schermo.

“Tanto è morto, adesso ce lo possiamo rimettere!”

Insomma, se avete letto questo pezzo per avere una risposta all’annosa (?) questione “Meglio il Donner Cut o la versione cinematografica?”, mi spiace deludervi. Una risposta non ce l’ho, o più semplicemente è impossibile darla a partire da questi dati. Se mai il Donner Cut risponde a un’altra domanda cruciale: Superman II sarebbe stato meglio se Richard Donner non fosse stato licenziato? Beh, probabilmente sì. Sarebbe stato più ambizioso, più grandioso. Meno bambinesco e triviale. Ma non sarebbe stato il Richard Donner Cut.

DVD-quote:

“Una copia lavoro tirata a lucido. Still a better movie than Superman II”
George Rohmer, i400Calci.com

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